Ma perché... proprio di notte? Perché le sculture immerse nella luce del giorno sono oggetti che la riflettono, mentre immerse nel buio e appena sfiorate dalla luce diventano materia viva da accarezzare, da toccare, con lo sguardo o con le mani. Per questo Antonio Canova (che non ha bisogno di presentazioni) riceveva i committenti nel suo laboratorio soltanto di sera, il che ai suoi tempi significava “al lume di candela”.
Appuntamento quindi alle 21:30 in centro (una sfida alla pigrizia del dopo cena) per incontrare otto sculture monumentali del grande artista colombiano installate in cinque piazze lungo un percorso da Piazza del Popolo a Piazza Venezia, dove a Palazzo Bonaparte la conoscenza della sua opera si completa con la mostra della sua produzione anche pittorica. Lui non c’è più, ma ci ha lasciato la sua arte.
Secondo Fernando Botero, come riporta la figlia Lina, curatrice della mostra: “l’arte deve produrre sopra tutto piacere ed essere un’oasi di gioia nelle difficoltà quotidiane, per questo bisogna portarla in mezzo alla gente”. Dal museo alla strada, quindi, per essere incontrata, guardata, toccata, per riflettere sulle sensazioni individuali che provoca e sul messaggio collettivo che manda.
Ecco il perché di una “mostra diffusa” concepita in modo che le sue opere si mescolino alla vita nei luoghi iconici di Roma, connessi da una mappa digitale che facilita il coinvolgimento spontaneo con la mostra e la scoperta dell’artista, rendendo l’arte accessibile a tutti.
Siamo venuti quindi nel cuore della Capitale, nel fulcro del tridente che spartisce su tre strade il flusso della movida dello shopping, della moda, tra grandi firme e fast fashion, artigiani e fast food; perché di sera tutto questo si placa, l’architettura impregnata di storia diventa scenografia e le piazze si fanno cornice alla scultura.
È qui che inizia il nostro tour, davanti alla coppia di chiese gemelle (così sembrano ma è un’illusione prospettica), nella piazza che in epoca romana antica era l’ingresso alla città per chi proveniva da nord lungo la Via Flaminia, al centro l’obelisco che celebrava la conquista dell’Egitto, dove ancora oggi si celebrano manifestazioni, comizi, concerti e l’inizio del nuovo anno: cioè, la vita.
Anche “Adamo ed Eva” si incontrano qui davanti all’obelisco, la coppia all’origine di tutto, della storia umana e della nostra passeggiata con una guida d’eccezione: l’assessora alla Cultura del Municipio Primo (Roma Centro) in persona, Giulia Silvia Ghia, storica dell'arte, che sottolinea come questa mostra sia il tributo della Capitale al Maestro scomparso un anno fa e che queste sculture finora già esposte in 25 città del mondo fosse giusto che arrivassero qui, nella città che lui amava profondamente, tanto da considerare l’Italia la sua seconda patria.
Le due sculture l’una di fronte all’altra si guardano, sembrano comunicare tra loro in un gioco di sguardi e non detti che solo loro, come una vera coppia, possono comprendere a pieno, lasciandoci partecipi ed estranei nello stesso tempo. Calma ed eleganza, volti tranquilli e ieratici, nudi, in pose che sottolineano la loro umanità e vulnerabilità. Dettagli anatomici minimali ma efficaci. Sculture iconiche che trasmettono serenità. Il tema della creazione dell’uomo rivisitato in chiave moderna.
Il tratto dell’artista che lo rende unico e riconoscibile a tutti è l’esagerazione del volume, forme allargate non solo nello spazio ma nel tempo come strumento per esplorare temi profondi e universali, figure dilatate che giammai potrebbero essere confuse con l’aggettivo “grasso”: il volume è spazio che si espande ad occupare la mente. La sua dichiarazione artistica è potente al punto da definire uno stile: “Boterismo”.
Lo riconosciamo pienamente espresso quando a metà di Via del Corso incontriamo il “Cavallo”: le sue forme sono voluminose e morbide, come gonfiate per esprimere potenza in contrasto con la posa docilmente umana con la testa abbassata, potere e nobiltà, monumentalità e solidità. Più avanti, il “Gatto” troneggia composto a Campo Marzio e con lo stesso linguaggio esprime ironia e giocosità, un altro aspetto della vita.
In tutte le piazze che raggiungiamo nella nostra passeggiata ogni opera ci induce alla riflessione. La “Donna seduta” (bronzo del 1991) davanti al Palazzo di Propaganda Fide – Botero davanti a Bernini e Borromini – è privata degli avambracci e della testa per valorizzare il volume e focalizzare l’attenzione sulle parti del corpo, sui dettagli: un piede ciondolante, l’altro che non è sotto la coscia ma attraversa la carne quasi come farebbe un’arma.
Qui, turbati da quelle mutilazioni, sperimentiamo come il linguaggio dell’artista ci raggiunga anche nella nostra sensibilità individuale stimolata dal contesto contemporaneo, e nel confrontarci troviamo un comune riferimento alla sofferenza delle guerre in corso, forse anche ad una preghiera, per la collocazione della donna ai piedi della colonna dell’Immacolata concezione, su cui si erge la Madonna e il suo mistero. Ma questo, Botero non lo aveva previsto.
Ove non vi sono dubbi è che le figure femminili delle sculture successive siano il suo messaggio provocatorio contro il body shaming. È il linguaggio con cui Botero denuncia temi sociali. La più affascinante ed emblematica compare per ultima, quindi quasi a mezzanotte, tra le luci notturne di Piazza S. Silvestro deserta. “Donna seduta” (bronzo del 2000), è pacifica e composta, in un momento di contemplazione, sfida le convenzioni estetiche tradizionali inducendo una riflessione su abbondanza e benessere.
Mi preme svelare che le parole che ho usato fin qui non sono tutte mie, ma lo sono diventate nel riconoscere attraverso di esse le mie percezioni. Invito caldamente chi sta leggendo incuriosito ad entrare nel linguaggio dell’artista ascoltando Costantino D’Orazio (guarda il video, clicca QUI), storico dell’arte di massimo rilievo che rende l’arte accessibile a tutti, proprio come la voleva Botero.
Le parole degli esperti, ora in particolare della nostra guida, ci aiutano a decodificare le sensazioni che proviamo mentre scopriamo ad una ad una le sculture. Sensazioni condivise camminando per le strade semideserte. Un’esperienza imparagonabile a quella di un museo.
Ora è troppo tardi per salire al Pincio ad ammirare le ultime due: “Venere dormiente” e “Donna distesa”. La comitiva si scioglie, ma non le emozioni che continuano a risuonarmi dentro, ormai non posso fare a meno di scoprire tutte le sculture prima che la magia scompaia: l’indomani è improrogabilmente l’ultimo giorno della mostra perché scadono i permessi di installazione. Il bronzo con cui sono realizzate le sculture conferisce loro imponenza e assicura durabilità, a fronte però di un peso considerevole che ha reso particolarmente impegnativa l’installazione sul suolo romano, notoriamente delicato perché poggia sugli strati precedenti di storia millenaria.
Devo tornare assolutamente e questa volta lo faccio di giorno. Ormai allenata alla maratona artistica, da Piazza del Popolo passo a salutare “Adamo ed Eva” e risalgo tutta la scalinata del Valadier secondo una delle più celebri passeggiate di Roma per raggiungere la terrazza del Pincio, ove risplendono le due “Reclining women” sdraiate davanti al panorama della città in tutto il suo splendore, proprio come farebbero due donne totalmente rilassate al sole: Venere dorme, grazia e bellezza, sottile erotismo, nell’abbandono del sonno c’è appagamento e dilatazione delle forme.
Sto toccando con mano l’effetto diverso delle sculture il giorno dopo: alla luce del sole, immerse tra la gente, un musicista di strada e i rumori della città sottostante. Giorno e notte mettono a confronto le sculture con luce diversa, la realtà è che mi hanno catturata in entrambe le situazioni ma nulla ha più eguagliato quella prima magia.
Quindi infine va detto, aveva ragione il Canova! Le Sue opere uscite dal laboratorio risplendono ancora oggi in piena luce qui a Roma, ma il primo incontro, quello più intimo con le emozioni, quello in cui ci si innamora, va fatto a lume di candela... È nell’ABC di ogni relazione.
Questo è il senso pienamente raggiunto di questa raffinata operazione del Primo Municipio (nel link riportato sotto le parole dell’assessora), cui va il ringraziamento di noi fortunati romani per questa passeggiata notturna di cui ho cercato di far arrivare un’eco in Australia.
Per saperne di più:
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